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Madrema. Pe’ quantu reguarda ‘e cannavine a do’ metteano
‘a cannave, ‘a zona era sotto agliu Tenturu, alla Via elle Cerque, loco
la metteano chissi mei.
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- Mia madre. Per quanto riguarda le canapine dove si seminava
la canapa, la zona era sotto al "Tenturo", alla Via delle Quercie,
lì la seminavano i miei.
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Papà la seminava?
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Madrema, pechè patrimu era cazzularu; apposta
quinatema l’aiutea.
De marzu sementeano ‘a cannave. Doppo stu periudu, quanno
era d’estate, come te posso di’ i periudu seo, la taglieano come lo ranu,
la meteano e ficeano tutte quante manne.
Cheste manne doppo le porteano a Ciavattinu; loco ci stea
un fossittu: ‘a forema rossa.
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- Mia madre, poiché mio padre era calzolaio; per
questo mia cognata l’aiutava.
Di marzo seminavano la canapa. Dopo questo periodo, quando
era d’estate, come ti posso dire il periodo suo, la tagliavano come il
grano, la mietevano e facevano tutte "manne".
Queste "manne" dopo, le portavano a Ciabattino;
là c’era un piccolo fosso: la "forema" grande.
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- Una volta tagliate le manne, cosa facevano? Come le
mettevano?
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- Una volta tagliate le manne, cosa facevano? Come le
mettevano?
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A canocchia, così se seccheano, come mannocchi;
li metteano così. Chella era arda, longa; allora la metteano una
appoggiata all’atra; così me se recorda.
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- A conocchia, come i covoni, così seccavano; li
mettevano così. Quella (la canapa) era alta, lunga, per cui la mettevano
una appoggiata all’altra; così mi ricordo.
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Quattro ne metteano ‘e manne, a canocchia.
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- Mettevano quattro manne a conocchia.
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Quando questa era asciutta poi la mettevano a bagno?
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- Quando questa era asciutta poi la mettevano a bagno?
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Allora quando era bella asciutta la porteano agliu fosso:
era un Carracciu.Se ficeano ‘e scole (specie ‘e requadri); ce se metteano
una diecina ‘e manne e se metteano sopra i sassi pe’ non falle ‘ncarrà
all’acqua, e pe’ tenelle ammullu.
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- Quando era ben asciutta la portavano al fosso: era un
torrentello. Si facevano le "scole" (specie di paratie dentro
il fosso: scoline); ci si mettevano una decina di manne e sopra ci si mettevano
i sassi per non farle trasportare dall’acqua e per tenerle ammollo.
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Le chiamavano scole?
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Scole. erano ‘e parate che ficeano agliu fosso; i fasci
‘e le manne che ci metteano dentro le chiameano stroppe.
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- Le "scole" erano le paratie che si facevano
nel fosso; i fasci di manne che ci mettevano dentro le chiamavano "stroppe".
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Questo mi interessa; parlami delle "scole".
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- Questo mi interessa; parlami delle "scole".
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Ci metteano i sassi sopra pe’ tenerla a bagnu.
Ficeano tutta chella che teneano e diceano:
"So’ tante scole"!
Dicea ‘a pora madrema.
Mo ‘eo proprio precisu, datu che ero riazza, non la pozzo
di’.
Doppo otto giorni cheste s’erano ammollate. Ièmo
e le recaccèmo. Doppo le mettèmo a scolà: certo era
tempo de sole, sempre doppo S. Vittoria.
Doppo che s’erano seccate, le manne, carechèmo
‘a somara e le reportèmo agliu paese.
Chissi mei tenéano i stramaru loco a campusantu:
me se recorda, chissi mei gliu tenéano proprio a cantu a Campusantu;
doppo loco l’hao spallatu.
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- Ci mettevano i sassi sopra per tenere la canapa a bagno.
Facevano tante "scole" quante erano sufficienti
per tutte le manne che avevano e dicevano:
"Sono tante scole!".
Diceva la povera madre mia.
Adesso io proprio di preciso, dato che ero bambina, non
lo posso dire.
Dopo otto giorni queste s’erano ammollate. Noi andavamo
e le tiravamo fuori. Dopo la mettevamo a scolare: certo era tempo di sole,
sempre dopo S. Vittoria.
Dopo che s’erano seccate, le manne, caricavamo l’asina
e le riportavamo al paese.
I miei avevano il fienile lì, al cimitero: me ne
ricordo, i miei l’avevano proprio vicino al cimitero; dopo lì hanno
spallato.
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- Questa è una domanda per lui: "Quando
le manne erano messe a canocchia tu non pensavi di fare qualcosa per i
Fasanelli?"
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- Questa è una domanda per lui: "Quando
le manne erano messe a canocchia tu non pensavi di fare qualcosa per i
Fasanelli?"
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Ci ficèmo ‘e predelle
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- Ci facevo le "predelle" (trappole di pietra)
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Quanti ne prendevi?
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Ci ficèmo i sugu, ‘a pulente
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- Ci facevamo il sugo, la polenta.
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‘E manne le reporteano agliu paese, alla stalla, e là
finisceano ‘e falle seccà bene.
Doppo quanno s’era seccata bene piglieano ste manne, ne
pigleano una alla ‘ota, e prima le passeano alla mancinura. Me pare era
na cosa fatta come gliu’ scifu.
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- Le manne le riportavano al paese, alla stalla, e là
finivano di farle seccare bene.
Dopo, quando s’era seccata bene, prendevano queste manne,
ne prendevano una per volta, e le passavano alla mancinura. Mi pare che
fosse una cosa fatta come lo "scifo" (trogolo).
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- Come un tronco fatto a becco?
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- Come un tronco fatto a becco?
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Sì, proprio così! Chigliu tagliea! Era
fattu proprio così (bocca de Lupo). Ci metteano un pisu sopra e
la troncheano così. E po’, doppo troncata, venea sgrullata e cascheano
tutti i cannuri.
Doppo fattu con chella piglieano ‘a mannura, e ‘a rasciura3;
me pare le chiameano così.
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- Sì, proprio così! Quello tagliava! Era
fatto proprio così (a bocca di lupo). Ci mettevano un peso sopra
e le troncavano così, e poi, dopo troncata, veniva scrollata e cadevano
tutti i canapuli.
Dopo fatto con quella prendevano la "mannura"
e la "rasciura"; mi pare la chiamassero così.
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- Allora era una "Mannura" e una "Rasciura".
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- Allora era una "Mannura" e una "Rasciura".
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Con chella ficeano cascà i cannuccigli e deventea
pronta pe’ fila.
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- Con quella facevano cadere i residui dei canapuli e la
canapa era pronta per essere filata.
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Ti ricordi come era fatta la "Mannura"?
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- Ti ricordi come era fatta la "Mannura"?
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Era più arda. Era fatta così: du taure
tutte aggiustate: due cose così come due lance. Chella (mannura)
erano du taure chesta (mancinura) però tenea n’atru maschiu sopra
che la tracollea, pechè cheste erano fatte come preole arde, però
chesta tenea ‘a cosa sopre che la tracollea e ficea i cannucci.
E po’ madrema la filea: tenea a conocchia e la filea.
Ero riazza e chistu (il marito) ancora non gliu conoscea.
Pe’ la cannave non me po’ di’ gniente, però issu ci passea a do’
la teneano chissi mei, e la vedea loco a do’ la sementeano; issu iea alle
Cese e ci passea, ecco pechè la vedea.
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- Era più alta. Era fatta così: due tavole
aggiustate bene: due cose così come due lance. Quella (la mannura)
erano due tavole, questa (la manginura) però aveva un altro maschio
che aderiva a incastro, poiché questa (mannura) era fatta come una
"preola" (tripode) alta, però questa (manginura) aveva
una cosa sopra che la incastrava e faceva i "cannucci" (canapuli).
E poi mia madre la filava: aveva la conocchia e la filava.
Ero bambina e questo ancora non lo conoscevo; per la canapa
non mi può dire niente, però lui ci passava dove seminavano
la canapa i miei e la vedeva dove la seminavano; lui andava alle "Cese"
e ci passava, ecco perché la vedeva.
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- Per la tessitura cosa sai dirmi?
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- Per la tessitura cosa sai dirmi?
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Madrema la filea co’ gliu fusu.
Patrimu ficea i cannuri: ci stea un ferro là e
gli infilea alla spoletta.
Sotto a casema ci steano i telari.
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- Mia madre la filava con il fuso.
Mio padre faceva i "cannuri": c’era un ferro
là, e li infilava alla spoletta.
Sotto a casa mia c’erano i telai.
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Matrema ne tenea unu sulu, chesto me lo recordo benissimo
pechè quanno piovea essa ea da fa’ chigliu mestiere e quanno no’,
ea da i’ fore.
Allora doppo filatu iea ‘a chesse ‘e Pietracco pe’ la
tesse. Chella, mo messerecorda come se chiama: era ardetora! Chella tenea
un coso alla casa che ci infilea tutti i pirulozzi, la preparea per la
mette agliu telaru e po’ matrema la tessea.
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- Mia madre ne aveva uno solo, questo me lo ricordo benissimo
poiché quando pioveva lei doveva fare questo mestiere e quando non
pioveva doveva andare in campagna.
Allora, dopo filato, andava da quelle di "Pietrocco"
per tesserla. Quella, adesso mi ricordo come si chiamava, era orditrice!
Quella aveva un attrezzo in casa nel quale infilava tutti i gomitoli; preparava
la canapa per metterla al telaio e poi mia madre la tesseva.
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- Prima si ordiva e poi si tesseva?
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- Prima si ordiva e poi si tesseva?
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Doppo che chella ea fattu l’orditu, allora madrema, la
tessea.
I telaru era fattu così longo; essa s’assea qua,
pigliea ‘a cosa (canapa), la ‘nfilea tutta così, fili sotto e fili
sopra e la spoletta passea, così, in mezzo agli fili, de qua e de
là e po’ stregnea colla taura.
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- Dopo che quella aveva fatto l’ordito, allora mia madre
la tesseva.
Il telaio era fatto così lungo; lei si sedeva qua,
prendeva la canapa, la infilava tutta così, fili sotto e fili sopra
e la spoletta passava, così, in mezzo ai fili, di qua e di là,
e poi stringeva con la tavola.
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- Quindi dopo questi passaggi e la stretta del filo
si formava la trama, ossia la stoffa, giusto?
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- Quindi dopo questi passaggi e la stretta del filo
si formava la trama, ossia la stoffa, giusto?
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Certo! Apposta madrema dicea: "Agliu fattu una osemata
sulu oie".
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- Certo! Per questo mia madre diceva: "Ho fatto soltanto
un’osemata oggi"
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Ti ricordi nella tessitura cosa davano ai fili? L’"osema"?
Con che cosa la davano?
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- Ti ricordi nella tessitura cosa davano ai fili? L’"osema"?
Con che cosa la davano?
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Chesto me lo recordo. Ha’ vistu, alle cannucce ci steano
i zippi. Quanno tu scavi un cannitu, facci casu, ‘e cannucce teo ‘e raiche;
co ste raiche ci ficeano i penneglio pe’ osemà.
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- Questo me lo ricordo. Hai visto, nelle canne ci sono
gli zeppi. Quando tu scavi un canneto, facci caso, le canne hanno le radici;
con queste radici ci facevano i pennelli per dare l’"osema".
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Ti ricordi come era fatta l’"osema", era
come una colla?
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- Ti ricordi come era fatta l’"osema", era
come una colla?
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Non me recordo bene, co’ la simmula e un po’ de grassù.
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- Non mi ricordo bene, forse con la semola e un po’ di
grasso.
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Quanti telai c’erano prima a Pisoniano?
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- Quanti telai c’erano prima a Pisoniano?
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Che tello potaria dice pure Arbina ‘e Pietrocco: tenea
i telaru pechè tessea pure a madre. Enanzi alla chiesa, alla casa
‘e gliu sordatu, ce ne steano 4: 3 erano chesse ‘e Pizzocco (zia Chetuccia,
zia Vittoria e zia Maria) e zia Francesca ‘e Neccia.
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- Questo te lo potrebbe dire anche Albina di "Pietrocco":
aveva il telaio poiché tesseva anche per mia madre. Davanti alla
chiesa, alla "casa del sol-dato", ce n’erano quattro: tre erano
della famiglia di "Pizzocco" (zia Achetuccia, zia Vittoria, zia
Maria) e zia Francesca di "Neccia".
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Albina dove abita?
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Chella sta a Tivoli.
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Quante coperte di canapa hai lasciato ai figli.
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- Quante coperte di canapa hai lasciato ai figli.
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‘E coperte!! era stoffa pe’ le lenzola ch’ea tessutu
madrema; esse (le figlie) ci hao fattu ‘e coperte.
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- Le coperte! Era stoffa per le lenzuola che aveva tessuto
mia madre; loro (le figlie) ci hanno fatto le coperte.
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Pure mia moglie ha quella della nonna.
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- Pure mia moglie ha quella della nonna.
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Come se chiama? Non messerecorda.
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- Come si chiama? Non me lo ricordo.
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Linda, la figlia di Rosa.
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- Linda, la figlia di Rosa.
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Rosa ‘e chi?
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Rosa del "Cricio"; la coperta l’ha fatta
la nonna.
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- Rosa del "Cricio"; la coperta l’ha fatta
la nonna.
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Con gliu’ merulittu che aglio’ fatto, s’hao fattu una
coperta ‘e cannave; pe’ essa n’aglio fattu unu pe’, sopra ‘mmezzo, e tuttu
torno torno; e uno pe’ nepote.
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- Con il merletto che ho fatto, si sono fatte una coperta
di canapa; per essa (la coperta) ne ho fatto (di merletto) uno per sopra,
in mezzo (alla coperta), e tutto intorno intorno; e uno per nipote.
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Quindi con un lenzuolo hanno fatto due coperte?
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- Quindi con un lenzuolo hanno fatto due coperte?
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L’hao portata puru alla recamatrice pe’ falla deventà
bella. E’ come quanno unu se trucca. Chi sa quantu ci hao spisu!
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- L’hanno portata anche alla ricamatrice per farla diventare
bella. E’ come quando uno si trucca. Chi sa quando ci hanno speso!
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Quella di mia moglie l’ha ricamata mia cognata Cristina,
la moglie di Domenico.
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- Quella di mia moglie l’ha ricamata mia cognata Cristina,
la moglie di Domenico.
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I pagliaricci prima erano tutti ‘e cannave. Eo non saccio
dove so iti a finì. Madrema m’ha potutu fà a coperta, che
hao tagliatu e che potea esse da campione pe’ quantu era bella.
Prima te diceano:
"Nina me’, a ti non te pozzo fa atru, te tongo ‘sta
coperta".
Ci steano i fiocchi in ‘mmezzo.
Prima ci ficeano ‘e tovaglie, i panni pe’ coprì
o pane.
Tenèmo puru i cannuraturu; sai com’è i cannuraturu?
E’ come una scattula, così, co gliu’ ferro. E’ come se gliu’ stesse
a vedè mo’ eo patrimu sopra agliu tavolinozzo abbotà i cannuricchi
pè la spoletta.
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- I pagliericci prima erano tutti di canapa. Io non so
dove sono andati a finire. Mia madre mi ha potuto fare la coperta, che
hanno tagliato e che poteva es-sere da campione, tanto era bella.
Prima ti dicevano:
"Figlia mia, a te non posso fare altro, ti dò
questa coperta".
In mezzo c’erano i fiocchi.
Prima si facevano le tovaglie e i panni per coprire il
pane.
Avevamo pure il "cannuraturu" (cannellatoio);
sai come è il "cannaturu"? E’ come una scatola, così
con il ferro. E’ come se ce l’avessi davanti ancora adesso mio padre sopra
il tavolino mentre avvolge i cannelli per la spola.
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Noi oltre quello abbiamo anche l’arcolaio per avvolgere
i cannelli. Ma ti ricordi dove erano i telai?
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- Noi oltre quello abbiamo anche l’arcolaio per avvolgere
i cannelli. Ma ti ricordi dove erano i telai?
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Che stemo a dì mo’? Non messerecorda a dò
steano tutti. Me recordo, te l’aglio dittu, addò mo ci hao fattu
‘a casa del soldato, enanzi ‘e la Chiesa; però s’azzecchea.
Te l’aglio zencatu: prima che scorte i spiticu pe’ i’
a chissi ‘e Zanna, vicinu a do’ mo sta ‘a croce, loco ci stea ‘a porta
e trovii ‘e scali: era come ‘na lisciare, erano pure difettose a cascarici.
Eo era riazza e loco ci stea Achetuccia, porella, mo s’è morta,
‘a moglie ‘e gliu poro Scruppione; zia Maria; zia Vittoria e zia Francesca
‘e Neccia.
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- Cosa stiamo a dire adesso? Non mi ricordo dove stavano
tutti. Mi ricordo, te l’ho detto, dove adesso hanno fatto la "casa
del soldato", davanti alla chiesa; però si saliva.
Te l’ho insegnato: prima che finisca lo spigolo per andare
alla casa della famiglia "Zanna", vicino dove adesso è
la croce lì c’era la porta e trovavi le scale: c’erano delle pietre
lisce, c’era pure pericolo di cadere. Io ero bambina e lì c’era,
poveretta adesso è morta, "Achetuccia" (Agata), la moglie
del povero Filippo "Scruppione", zia Maria, zia Vittoria e zia
Francesca di "Neccia".
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- E la madre di mia suocera Rosa, dove stava a tessere?
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- E la madre di mia suocera Rosa, dove stava a tessere?
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Come se chiamea?
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Settimia del "Cricio".
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Bè me lo recordo che tesseano. Settimia me la
recordo: ‘a madre ‘e Noé; me recordo i padre: Giovanni; chissi mi
gli ricordo bene chè aglio 83 anni eo; però dove tessea non
me lo ricordo. Meneca po’ divve a do’ tessea. Essa, ha un anno minu de
mi, iateci ca essa lo sa.
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- Bene, mi ricordo che tessevano. Settimia, la madre di
Noè, me la ricordo; mi ricordo il padre: Giovanni; questi me li
ricordo bene poiché io ho 83 anni; però dove tesseva non
lo ricordo. Domenica può dirvi dove tesseva. Essa ha un anno meno
di me, andateci, che lei lo sa.
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Veramente era nostra intenzione di andarla a trovare
zia ‘Meneca.
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- Veramente era nostra intenzione di andarla a trovare
zia ‘Meneca.
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